“Bella e ridente dal massiccio colle Gioia si stende dolce verso il mare dove il Tirreno allinea all’orizzonte le isole di Lipari e lo Stromboli tra Capo Vaticano e la Sicilia.”

E’ con questi versi che il poeta e scrittore gioiese Antonio Orso nel suo libro “Gioia Tauro” inizia a descrivere la sua amata Terra.

Tre Canali Gioia Tauro sorge sull’omonimo golfo tra Rosarno e Palmi a 23 m.s.m. ed ha una popolazione di 19.000 abitanti circa. La Città ha origini nobili, nasce infatti dall’antica Metauria fondata dai greci Calcidesi nel VI sec. a.c. e successivamente fu colonia Greco-Locrese. La località fu molto ambita dai Greci, non solo perché si prestava alla costruzione del Porto e presentava un ricchissimo e fertilissimo entroterra agricolo, ma anche perché presentava uno sbocco nel mare Tirreno.

Gioia diede i natali al famoso poeta lirico Stesicoro (vissuto tra il 630 ed il 555 a.c. fu l’inventore di centinaia di storie riprese da grandi come Platone, Eschilo ed Euripide) e secondo alcuni anche al matematico Ameristo, all’atleta Mamertino e ai legislatori Eliannastre e Matesi, ai valorosi Antonio Barone e Giuseppe Lomoro ed allo scienziato Giovanni Scaramozzino.
Distrutta durante la seconda guerra punica, risorse come Villa romana, mantenendo l’importante approdo fino alla caduta dell’Impero Romano d’occidente e le invasioni barbariche. Rinata come Zoa, sotto il dominio Bizantino, subì le incursioni saracene nel X e XI secolo.

Palazzo Sant'Ippolito

Nel 1500 il governo spagnolo fortificò il Borgo di Gioja, su tre lati con Bastioni e mura di cinta e ad Est con un ponte levatoio. Il Borgo divenuto cittadella fortificata fu dotato di 4 torri di avvistamento ( in quel periodo la popolazione raggiunse i 1600 abitanti ). Naturalmente si presume che secondo il costume dell’epoca, per la costruzione dei bastioni della cittadella, siano stati utilizzati i materiali che si trovavano sul posto, cioè le ultime vestigia dell’antica Metauria. Ma le incursioni barbaresche continuarono con scadenza biennale ed in coincidenza con la produzione olearia anch’essa biennale. Il Borgo, intanto, ancora una volta divenuto Polo di accentramento della produzione agricola non solo della Piana ma di tutta la zona Tirrenica, tentava di sopravvivere, difendendo i raccolti e per custodirli furono create delle fosse nel sottosuolo per i cereali e per la conservazione dell’olio. Da qui la denominazione del Borgo volgarmente “chianu d’i fossi” (piano delle fosse).

Piano delle Fosse

Nel XVII secolo il Borgo stava definitivamente scomparendo, causa le continue invasioni turchesche e il degrado del territorio che subì diversi terremoti e divenne zona malarica.
Furono gli abitanti di Gioja che promossero le prime opere di bonifica del territorio tant’è che nel momento di maggiore sviluppo economico, in particolare alla fine del 1700, furono costruiti magazzini di olio fuori le mura, lungo le tre strade di accesso più antiche, l’attuale via Roma, che rappresentò il prolungamento della prima via Commercio del Borgo, la via De Rosa diretta verso il fiume Budello e la via Tripodi che sboccava verso il mare. Gli edifici speciali vennero ubicati lungo queste tre bretelle, in posizione accessibile ai carri che facevano la spola, trasportando i prodotti della Piana verso Gioja e da Gioja verso la Marina.
Nel 1861, dopo l’Unità d’Italia, a Gioja fu aggiunto Tauro, richiamando l’antica denominazione ed il 22 Ottobre del 1963 fu concesso a Gioia Tauro con decreto del Presidente della Repubblica Antonio Segni di fregiarsi del titolo di “Città”.
Nel 1895, dopo che fu costruita la ferrovia dello Stato, visto che i carichi partivano, non più per via mare ma su binari s’intensificò il traffico della via Sarino Pugliese e i tratto della nuova via Commercio ( quella attuale ); conseguentemente furono costruiti altri Edifici Speciali oltre a quelli già esistenti. Quindi, tutta la via Roma, la via De Rosa, la via Tripodi, la via Commercio con la traversa che porta alla Piccola Velocità delle FF.SS., si presentavano bordate da un susseguirsi di magazzini.

Torre di Don Giacomo

Lo storico Marcone in una sua pubblicazione del 1885 scriveva: “Percorrere Gioia significa camminare nel vuoto e il rumore dei passanti rintuona cupamente”. Nei magazzini di olio, infatti, all’interno, del sottosuolo venivano costruite delle cisterne, profonde fino a 6 metri rivestite interamente di vetro doppio o cristallo ( le più antiche ) o da piastrelle di maiolica quelle di epoca più recente. L’olio conservato nelle cisterne, non subiva alterazioni termiche, e pertanto restava integro in attesa di essere commerciato e solo allora veniva travasato su botti di legno, sigillate, trasportate su carri trainati da buoi fino alla riva del mare e poi rotolate lungo la spiaggia fino a galleggiare sull’acqua. I figli dei pescatori ( per pochi soldini ) a nuoto le spingevano sotto bordo dei velieri che provvedevano a issarle con i paranchi entro bordo. Completato il carico l’olio calabrese veniva esportato all’estero.

Il commercio fu fiorentissimo tanto che la Piana fu sede di Consolati stranieri fino dal 1829. Furono presenti a Gioia le Agenzie Consolari di Danimarca, Svezia e Norvegia, Francia con v. Console Carlo Pons, la Spagna e la Germania, la Gran Bretagna con v. Console il Cav. Francesco Giffone di Tropea già amministratore dei Duchi Serra Cardinale, fortissimi feudatari e produttori di migliaia di quintali d’olio.

Gli abitanti di Gioja come, come vedete, ebbero vita dura. Essi sopravvissero ai terremoti, ai maremoti che lasciarono pantani salmastri e dune di melma e sabbia, alle alluvioni, alla malaria, alla peste del 1648, ai dissesti economici dei feudatari, alle incursioni barbaresche. Ma riuscirono a promuovere le prime opere di bonifica del territorio e l’importanza commerciale che nella prima metà dell’800 venne raggiunta, quando sulla spiaggia si potevano vedere stazionare 100 navi addette all’esportazione dei prodotti, che oggi chiamiamo agro-alimentari e ad altri prodotti che convergevano sui mercati di Gioja. I 100 velieri ( come risulta dai registri navali custoditi presso la casa del marinaio a Gioia), percorrevano tutto il Mediterraneo da Costantinopoli a Gibilterra da Tunisi a Nizza e Odessa.

Oggi Gioia Tauro è uno dei maggiori centri della Provincia di Reggio Calabria. Attivissima in campo commerciale verso questa città si indirizzano le varie attività che si svolgono all’interno della Piana. Il Porto, entrato in funzione nel 1995, ha già raggiunto un volume di traffici tale da competere con i maggiori scali del Mediterraneo e di tutta l’Europa.